Forte il business degli hotel: investimenti oltre 800 milioni
Il business degli hotel: investimenti oltre 800 milioni
Fra gli 800 milioni di euro e 1,2 miliardi la stima provvisoria di fine 2017 per i volumi nel segmento hotel da parte delle maggiori società di consulenza. Un valore nel quale bisogna contare anche l’ultima transazione conclusa nei giorni scorsi e relativa al passaggio di mano delle Terme di Saturnia resort. Il deal, del valore di 40 milioni di euro, riguarda il passaggio dell’hotel dalla famiglia Manuli a quello del fondo americano York, che ha definito l’operazione insieme a Feidos e Almus Capital. Un deal che mostra il fermento sul settore, dovuto soprattutto all’interesse dall’estero.
Al momento, secondo i dati di Jll, sono passati di mano in Italia da inizio 2017 hotel per circa 400 milioni di euro, mentre lo scorso anno gli investimenti hanno chiuso a quota 1.142 milioni di euro. A incidere sui dati quest’anno c’è anche la transazione relativa all’intero portafoglio Boscolo passata al gruppo americano Varde per 380 milioni di euro, come lo scorso anno aveva pesato sui numeri il passaggio di Una hotel a UnipolSai per 288 milioni.
«L’interesse per il mercato italiano degli hotel è sempre elevato – dice Roberto Galano, Executive vice president di JLL -, ma si scontra con la mancanza di prodotto adeguato o con potenzialità di riconversione. Ci sono sviluppi che si sta pensando di convertire, ma ci vuole tempo e la burocrazia non aiuta. Fine d’anno a 700 milioni di euro, che è un buon volume per l’Italia in un mercato europeo che lo scorso anno ha registrato 15 miliardi di dollari, con un picco a 20-21 miliardi di dollari negli anni migliori». L’Italia rappresenta il 5-6% del totale, ma potremmo avere quota più grande se il settore non fosse dominato da piccole strutture gestite da famiglie. «Fare volumi con piccole strutture indipendenti è difficile» continua Galano. Ci sono operazioni in via di definizione e altre che potrebbero finire in un nulla di fatto, per esempio è ancora in forse l’hotel a Palazzo Broggi. «È partito anche il bando del Demanio per la riqualificazione in chiave turistica dell’isola delle Vignole a Venezia – dice Galano -, ma l’errore di fondo è ancora una volta la durata della concessione di 50 anni che non attrae investitori internazionali perché troppo breve».
A Roma il mercato è vivace. «La città vive un momento positivo, dagli ostelli ai cinque stelle – dice Giuseppe Vagge di Sotheby’s international realty -, la penetrazione dei grandi brand sta continuando, ma ci sono anche nuovi marchi boutique». Il JK charming resort di grande pregio aprirà a breve il Vilon a Fontanella Borghese. Benetton avrebbe iniziato i lavori del S.Marcello in via del Corso e, secondo indiscrezioni, Park Hyatt e Four Seasons sarebbero in trattativa con Idea Fimit per aprire in un immobile gestito alla Sgr, forse uno dei sei edifici di pregio del Trophy Asset Fund, i cui quotisti sono Tristan Capital, York e Feidos.
Anche il team di Cbre è positivo sull’intero segmento. «Il settore sta registrando una crescita in tutti i mercati principali, nell’ordine del 7% del Revpar rispetto al 2006, un anno che era stato molto buono – dice Francesco Calia, responsabile hotel di Cbre -. Dal 2014 si è superata la crisi, ma restano differenze anche molto importanti tra città e città». Per Calia ci sono in pipeline altri 300-350 milioni di operazioni in due diligence per arrivare a fine anno a 1,2 miliardi di euro. «Nelle città più richieste, Firenze, Venezia, Roma e Milano, la mancanza di prodotto frena il settore, un elemento tipico del mercato immobiliare» continua. A Venezia pesa anche la peculiarità del centro storico, il più ricco per performance ma sotto forte tutela della Sovrintendenza e dove gli immobili sono piccoli e difficili da combinare. «L’immobile tipico a Venezia è di 2mila mq – dice Calia – ma un operatore internazionale ne cerca 10-15mila». Al momento è in atto la selezione di un operatore che possa riposizionare verso l’alto lo storico Bauer.
Il mercato ha ampie potenzialità
Il business degli hotel in Italia presenta questo scenario: le catene internazionali hanno il 10% delle camere, quando in Paesi come Spagna e Francia ne hanno il 40%, in Uk tra il 40 e il50%, negli Stati Uniti il 70 per cento.
Quali città possono crescere? «Torino, che ha visto un paio di operazioni importanti da parte di fondi internazionali – dice ancora Calia -. Altra città con livelli di performance in crescita è Bologna, dove abbiamo un incarico di vendita per il Royal Carlton in centro, per il quale registriamo un buon interesse». Sul fronte del lusso restano interessanti la Costa Smeralda, Taormina, Capri e la Costiera amalfitana, ma sono territori piccoli e con un numero di strutture limitato.
Fonte il Sole24 Ore articolo di P.D.
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